La genetica

La genetica è un ramo della biologia che si è sviluppato a partire dagli studi di Mendel sulla ereditarietà dei caratteri nella riproduzione delle specie e studia dove si trovano, come sono strutturate e come vengono trasmesse di generazione in generazione le informazioni necessarie a dare forma ad un essere vivente.

È un fatto evidente che gli individui di una certa specie tendono a mantenersi molto simili ai loro predecessori e che quindi devono avere in comune con essi quelle informazioni che gli hanno dato forma; tuttavia, subiscono inevitabilmente delle modificazioni, più o meno percettibili, a causa di diversi fattori. Queste modificazioni possono essere anche negative, o persino mortali per i singoli individui, ma nell’ottica più generale della specie non sono affatto un male: al contrario, rendono possibile uno dei fenomeni che più caratterizzano la vita, ossia la capacità di reagire ai cambiamenti dell’ambiente.

Ogni specie, infatti, ha ereditato modalità comuni di reazione a questi cambiamenti, che sono state proprie di qualunque forma di vita del pianeta, fin dalla sua origine. Queste modalità sono essenzialmente due.

In pratica:

Perché il metro di paragone è la durata della vita degli individui? Perché un singolo organismo non può adattarsi ai cambiamenti dell’ambiente durante la propria vita: o è adatto, o non lo è. Invece i suoi discendenti tenderanno ad ereditare quelle caratteristiche che li rendono più adatti (teoria delle selezione naturale).

Fai attenzione: per permettere l’adattabilità delle forme di vita all’ambiente, anche individui della stessa specie non possono essere tutti identici, ma devono avere un certo grado di variabilità l’uno dall’altro: in questo modo un’eventuale avversità (ad esempio, una malattia) non eliminerà tutti gli individui allo stesso modo, ma un certo numero di essi sopravviverà, perché adatto a superare quella avversità.

Ogni organismo è costituito da almeno una cellula (unicellulare), oppure da un numero enorme di cellule (pluricellulare). Ognuna di queste cellule è detta "somatica" (cioè "cellula del corpo"). Le specie che si riproducono in maniera sessuata, oltre alle cellule somatiche, possiedono cellule particolari destinate solo alla riproduzione: "i gameti" o "cellule sessuali".

Per gli organismi unicellulari la riproduzione è asessuata e quindi non può consistere in altro che nella replica esatta della cellula madre (mitosi, o scissione cellulare), ossia le informazioni per la costruzione della cellula sono riprodotte esattamente nei discendenti, sempre identiche. Come è possibile dunque per una specie unicellulare garantire quella variabilità indispensabile per l’adattamento all’ambiente? In effetti, gli unicellulari si affidano completamente alle mutazioni casuali. Poiché per le specie unicellullari ogni cellula è un individuo e la mitosi avviene al ritmo di circa una scissione ogni 20 minuti, in un solo giorno avvengono 72 mitosi e sono quindi generati, anche tenendo conto dei decessi, diversi milioni di nuovi individui! È chiaro che, anche se le mutazioni indotte da radiazioni, o dal contatto con sostanze chimiche sono molto rare, con un campione di milioni e milioni di individui al giorno, ne avvengono comunque in quantità tale da garantire una evoluzione nel tempo, ossia la modificazione delle specie: esistono infatti numerosissime specie di batteri.

Per gli organismi pluricellulari la riproduzione è, di solito, sessuata e questo significa che le informazioni trasmesse ai discendenti sono mescolate, prendendole per metà da un genitore e per metà da un altro. Questo fa sì che i discendenti non siano mai, in nessun caso, una replica esatta degli organismi genitori, garantendo così l’adattabilità. Nelle specie pluricellulari questo rimescolamento è fondamentale, perché la richiesta di risorse in termini di cibo, cure e spazio per la creazione di un nuovo individuo è talmente alta che l’ambiente non può sostenere più di alcuni nuovi individui all’anno (non milioni al giorno!) e quindi le specie pluricellulari non possono affidarsi alle mutazioni casuali, perché sarebbero troppo lente. Se ci pensi, un individuo pluricellulare è composto da miliardi e miliardi di cellule e quindi "conta" come decine di generazioni di unicellulari.

Gli aspetti della genetica che affrontiamo qui si riferiscono proprio al mescolamento dei caratteri nella riproduzione sessuata.

Qualunque cellula, qualunque sia la sua complessità, contiene tutte le informazioni necessarie a definire la propria struttura ed eventualmente quella dell’intero organismo che contribuisce a formare. Al momento della riproduzione cellulare, queste informazioni sono trasmesse alle cellule discendenti ed in questo modo la specie a cui l’organismo appartiene si perpetua.

In pratica: i "cromosomi" sono quelle strutture cellulari che contengono tutte le informazioni che riguardano le caratteristiche di un individuo. Nelle cellule somatiche i cromosomi si presentano in coppie ed i due elementi della coppia sono detti "cromosomi omologhi". Nelle cellule sessuali, invece, i cromosomi sono la metà, uno per ciascuna delle coppie della cellula somatica.

I cromosomi variano in numero, forma e dimensioni, da una specie all’altra, ma gli individui di una stessa specie possiedono lo stesso numero di cromosomi, sostanzialmente uguali per dimensioni e forma.

Riproduzione sessuata

Ogni nuovo individuo nasce dalla fusione di un gamete maschile (spermatozoo negli animali e polline nei  vegetali) e di un gamete femminile (uovo o ovulo).

I gameti possiedono metà dei cromosomi della cellula somatica. Le cellule somatiche degli esseri umani possiedono 23 coppie di cromosomi omologhi (46 in tutto). I gameti umani possiedono invece solo 23 cromosomi. Dalla fusione di un gamete umano maschile con uno femminile nasce una cellula che possiede tutti i 46 cromosomi della specie umana.

Nelle femmine ciascuna delle 23 coppie e formata cromosomi uguali, mentre nel maschio c’è una coppia, la 23esima, costituita da cromosomi diversi. È la 23esima coppia di cromosomi che determina il sesso dell’individuo ed i cromosomi che la costituiscono, a causa della loro forma, si indicano con XX nella femmina e XY nel maschio.

I cromosomi omologhi che costituiscono una coppia provengono uno dal padre e l’altro dalla madre. Ciascun cromosoma e costituito da molti geni. Con estrema semplificazione

In pratica: il "gene" è una struttura che detiene le informazioni di (indicativamente) un carattere. Anche i geni si presentano in coppia: entrambi i geni della coppia sono relativi allo stesso carattere.

A volte i due geni detengono la stessa informazione, altre volte informazioni diverse. Quando le due informazioni sono diverse può accadere che una sia dominante e l’altra recessiva e in tal caso l’individuo, pur mantenendo nel suo patrimonio genetico il carattere recessivo, manifesta la caratteristica dominante; ad esempio, un uomo che, relativamente al colore degli occhi, possiede le informazioni "occhi scuri" ed "occhi chiari", avrà gli occhi scuri, perché questo carattere e dominante sull’altro.

Definizione: rispetto ad un certo carattere, un individuo si dice "omozigote" quando le due informazioni genetiche relative a quel carattere sono uguali, ("omozigote dominante", se entrambe dominanti, "omozigote recessivo", se entrambe recessive); un individuo si dice "eterozigote" quando le due informazioni genetiche per quel carattere sono diverse.

Le due informazioni genetiche, prese nel loro insieme definiscono il "genotipo" dell’individuo per quel carattere. Il genotipo determina sempre in modo univoco l’aspetto che l’indivuo effettivamente mostrerà per quel carattere, che si chiama "fenotipo". Invece, dall’aspetto esteriore (cioè dal fenotipo), non sempre è possibile determinare quale sia il genotipo, a causa del fenomeno della dominanza.

Per esempio, un genotipo "occhi scuri" "occhi scuri" produrrà certamente un undividuo con gli occhi scuri. Ma siccome anche il genotipo "occhi scuri" "occhi chiari", a causa della dominanza, produce un individuo con occhi scuri, è impossibile capire quale dei due genotipi possieda un individuo semplicemente osservando che ha gli occhi scuri.

Se tuttavia l’individuo ha gli occhi chiari, il suo genotipo deve essere per forza "occhi chiari" "occhi chiari", perché qualunque altro genotipo, sempre a causa della dominanza, produrrebbe un individuo dagli occhi scuri.

In pratica: se un individuo per un certo carattere presenta il fenotipo dominante, non è possibile determinare con esattezza il genotipo (potrebbe essere omozigote dominante od eterozigote). Se l’individuo presenta invece il fenotipo recessivo, allora il suo genotipo è certamente omozigote recessivo.